mercoledì 26 marzo 2014

Cambiare? No, grazie!



Cambiare è difficile, a volte molto difficile. E quando ci riuscite, che succede? Le persone più vicine a voi, quelle che vi amano di più e che vi hanno spinti a fare qualcosa, ad intraprendere un percorso terapeutico per cambiare, appunto, non sono felici. Invece di incoraggiarvi e supportarvi, vi “remano contro”, come si dice.

Quale che sia il problema che vi ha portati in terapia, una cosa vi accomuna: le persone che vi stanno accanto vivono il vostro disagio con voi. Soffrono nel vedervi soffrire, magari fanno fatica a capirvi e non sanno come aiutarvi. A volte subiscono i vostri comportamenti. E magari sono stati proprio loro a suggerirvi di chiedere un aiuto psicoterapeutico. Sono i vostri genitori, amici, mariti/mogli e fidanzati.
I cambiamenti non piacciono a nessuno. Ciò che conosciamo ci fa sentire sicuri, a nostro agio. È il motivo per cui spesso preferiamo una situazione  familiare, anche se ci fa soffrire, ad una incerta. Per la nostra mente, ciò che è cattivo è cattivo, e ciò che è ambiguo è anch’esso cattivo. Non tolleriamo l’incertezza, il non sapere cosa accadrà, perché la nostra mente ci farà immaginare un futuro spaventoso. E allora preferiamo rimanere immobili e non fare nulla che possa cambiare la nostre certezze, benché capiamo che così non va.

psicoterapia, supporto, famiglia
Quando decidiamo di cambiare chi ci aiuta? E chi ci "rema contro"?


Se siamo motivati, se ci mettiamo in gioco, se affrontiamo ciò da cui siamo fuggiti per tanto tempo (le nostre paure, i nostri pensieri negativi), magari con l’aiuto di un bravo psicoterapeuta, possiamo riuscire a cambiare. Alcuni definiscono il processo di cambiamento una vera “rinascita”, che si accompagna a sentimenti di gioia e orgoglio per se stessi, ma anche a fatica, dubbi, ricadute nei vecchi comportamenti. Il supporto degli affetti in questo percorso è importante. E tutti ci aspetteremmo che chi ci vuole bene desideri il meglio per noi, quindi se noi stiamo meglio, tutti dovrebbero essere contenti…logico, no? Ma a volte (spesso) questo non accade.

Vi ricordate di Marina (http://ondamatta.blogspot.it/2013/11/cara-mente-non-sei-piu-mia-amica.html)? Era una splendida ragazza non molto assertiva, né con i ragazzi che le piacevano, né con le amiche, perché la sua mente le diceva che non era mai “abbastanza bella, interessante, simpatica”, quindi subiva passivamente anche atteggiamenti scorretti nei suoi confronti, che la facevano soffrire. Le amiche, in particolare, si sentivano autorizzate a criticare molti suoi comportamenti e a dirle come si sarebbe dovuta comportare. Col tempo ha imparato a dire ciò che pensava, a far valere la propria opinione, a non assecondare sempre le richieste degli altri, a dire di no. Questo la fa stare meglio con se stessa, ma non tutti hanno apprezzato la nuova Marina. Le amiche sono rimaste spiazzate, ci sono stati scontri e confronti e qualche rapporto si è spezzato. Altre amicizie, evidentemente più solide, sono continuate, ma solo dopo aver subito dei cambiamenti ed essersi riassestate su nuovi equilibri.

Angelina, invece, è una ragazza di 30 anni che soffriva di un grave disturbo d’ansia, un Disturbo Ossessivo-Compulsivo. La necessità di controllare tutto ciò che faceva più volte e la paura di ammalarsi toccando oggetti sporchi o calpestando siringhe erano così forti che limitava le sue uscite al minimo indispensabile e chiedeva costantemente rassicurazioni a chi le stava vicino, in particolare ai genitori ed al fidanzato, con cui convive. Quest’ultimo, più di tutti, sembrava patire il fatto che Angelina non riuscisse ad uscire da sola e non avesse amicizie proprie, poiché si sentiva sicura solo se stava con lui. Angelina è una ragazza fantastica, ha fatto un enorme lavoro su se stessa, in un altro momento parlerò più a lungo di lei perché è un esempio eccezionale di quante risorse ci siano dentro ognuno di noi. Qui importa che questa ragazza ha scelto di vivere ed in brevissimo tempo si è liberata della malattia. Questo rapido cambiamento ha stupito tutti e forse ha messo un po’ in crisi gli equilibri su cui poggiava la convivenza. La sua nuova autonomia inizialmente ha infastidito il fidanzato: più lei mostrava allegria, sicurezza e voglia di fare nuove esperienze, più lui si mostrava insofferente ad ogni cambiamento. Non era più la ragazzina impaurita che chiedeva continuamente il suo parere prima di prendere decisioni, stava diventando una donna capace di bastare a se stessa, come era giusto fosse alla sua età. Probabilmente ha avuto paura di perderla. Per fortuna, l’amore solido che li univa ed il fatto che lui fosse un ragazzo sensibile ed intelligente, hanno fatto sì che la coppia non si rompesse, ma che, anzi, andasse avanti con nuovo slancio e nuovi progetti. Adoro questa coppia.

aiuto, ansia, depressione
Il supporto di amici e parenti è importante. Cambiare significa anche reimpostare i rapporti su nuovi e più funzionali equilibri.


E che dire di Deborah (http://ondamatta.blogspot.it/2014/03/paura-di-guidare-amaxofobia-quando.html)? Continua a guidare e fare progressi in diversi ambiti della propria vita (si è anche messa a dieta!), ma la madre continua a chiederle quasi ogni giorno se deve passare a prenderla per accompagnarla al lavoro o a fare la spesa. Qualche volta si presenta a casa sua senza nemmeno chiedere se ci sia bisogno del suo passaggio o meno. Probabilmente, l’impegno gravoso di fare da autista alla figlia ed ai nipotini le pesava, ma dava anche uno scopo alla sua vita, la faceva sentire utile, le dava un ruolo importante all’interno della famiglia. Magari adesso si sente un po’ messa da parte, si sente meno utile e fa fatica ad accettare la nuova routine.

Questi sono tre casi emblematici, ma mi è capitato di assistere al fenomeno dei parenti e amici che “remano contro” molto spesso. La nostra vita è fatta di interazioni e di rapporti con le altre persone. Le persone ed i rapporti che le uniscono creano un “sistema”. Qualsiasi cambiamento coinvolga un membro del sistema, provoca inevitabilmente un effetto su tutti gli altri elementi del sistema stesso. Non ci dobbiamo stupire, quindi, se familiari ed amici si sentono coinvolti e farà parte del processo di cambiamento stesso reimpostare i rapporti su nuovi e più funzionali equilibri.

martedì 11 marzo 2014

Paura di guidare? Amaxofobia: quando l’ansia viene in macchina. (2)



L’ansia fa schifo. Gli attacchi di panico sono terribili. E se queste sensazioni vengono in automobile, perché abbiamo paura di guidare, la tentazione di scappare dalla situazione che ci fa star  male  è forte.

La settimana scorsa abbiamo parlato dell’amaxofobia, la paura di guidare, e vi ho presentato Deborah, la mamma che voleva ricominciare a guidare.  Per la precisione, voleva che le insegnassi come mandare via l’ansia, di modo che poi potesse ricominciare a guidare. Ed io non ho potuto soddisfare la sua richiesta. L’ansia è un’emozione normale, fisiologica, che si è sviluppata con noi durante l’evoluzione della specie, poiché è utile e funzionale alla nostra vita (se fosse stata completamente inutile, l’avremmo persa insieme alla pelliccia ed alla coda). Ci è utile, per esempio, ad affrontare i pericoli e reagire tempestivamente.
 
meditazione e psicoterapia
Paura di guidare?
Ma cosa succede quando un attacco di panico ci viene mentre siamo in macchina? 
Il cuore batte all’impazzata, sudiamo freddo, possiamo avere sensazioni di nausea o dolori addominali, i muscoli sono tesi, il respiro si fa più veloce…e la mente comincia a pensare “sto impazzendo-sto per morire-sto per svenire-sto per perdere il controllo”. Quando abbiamo queste sensazioni spiacevoli e questi pensieri, la prima cosa che vorremmo fare è mandarli via. Ma più cerchiamo di mandare via l’ansia, più questa viene amplificata. Questo è un punto importantissimo da comprendere. Siamo noi a creare la nostra ansia e più la rifiutiamo, più le permettiamo di crescere e di assumere il controllo.
L’unico modo per non farsi dominare dall’ansia…è accettarla. Che non significa rassegnarsi passivamente alla sua presenza, né convincersi che ci piace. Significa: 1. Riconoscere la sua presenza; 2. Osservarla; 3. Darle il permesso di stare esattamente lì dov’è.

Cosa fare in pratica quando l’ansia ci assale?

1. Tornare alla realtà. Per non amplificare ulteriormente l’ansia, bisogna “tornare alla realtà”, in primo luogo notando di quali pensieri hanno catturato la nostra attenzione (“sto per morire”? “avrò un incidente”?). Questi pensieri non sono la realtà, ma il frutto del lavoro della nostra mente. Quindi possiamo osservarli come osserveremmo un qualsiasi oggetto esterno a noi. Un esercizio utile da fare è dire a se stessi, invece che “sto per morire” o “sto per avere un incidente”,
    “ho il pensiero che…sto per morire”
    “ho il pensiero che…potrei avere un incidente”.
   Questo ci permette di prendere una certa distanza dal pensiero da cui eravamo stati catturati.

2. Accettare l’ansia. Come dicevo prima, questo significa riconoscerla e osservarla. Com’è fatta la vostra ansia? Quali sensazioni vi dà? Provate a descriverla. A questo punto, molti mi rispondono “ho l’ansia, non sai cos’è?”. Io lo so, e voi? Vi siete mai fermati a “sentirla” realmente o avete solo provato a mandarla via? Provate a descriverla ad un bambino o ad un alieno. Quali sensazioni fisiche provate? Dove sono nel vostro corpo? E quali emozioni sentite? Premesso che tentare di allontanare l’ansia servirà solo ad amplificarla, potete permetterle di stare lì dove la sentite? Potete concederle un po’ di spazio dentro di voi?

3. Respirare. Mentre la vostra mente vi presenta pensieri catastrofici ed il vostro corpo sensazioni spiacevoli, voi portate la vostra attenzione sul respiro. Respirate. Notate che la mente continua a presentare pensieri catastrofici e respirate. Notate che il corpo ha delle sensazioni spiacevoli e respirate. La realtà è fatta di questo: dell’aria che entra ed esce dal naso, di ciò che potete vedere con gli occhi, sentire con le orecchie, percepire col tatto. La realtà non è quella che sta passando nella vostra testa. E allora respirate e riagganciatevi alla realtà.
 
Psicologia, mindfulness
Amaxofobia

Far accettare a Deborah che non avremmo mandato via l’ansia, ma che avrebbe potuto conviverci è stata dura e lo è ancora. Da circa un mese ha ricominciato a guidare, tutti i giorni, per andare al lavoro, per prendere i figli all’asilo e per portarli in giro (avete idea di quanto sia orgogliosa di lei?), ma spera sempre che quelle brutte sensazioni un giorno scompariranno. E forse accadrà, si sa che una cosa nuova ci spaventa sempre di più di una conosciuta, quindi a furia di guidare l’ansia si ridurrà sensibilmente. Ma forse non scomparirà mai del tutto, o forse comparirà in situazioni diverse. Non è questo l’importante. L’importante è che, anche con l’ansia, Deborah tutti i giorni si mette alla guida e fa ciò che deve fare, dimostrando che è lei quella che decide, non la sua ansia. Dimostrando che ci sono cose importanti nella vita di ognuno che ci spingono a superare i nostri limiti e le nostre paure.

E sapete cosa è successo? La madre, che prima si lamentava del fatto di doverla accompagnare a destra e a manca, ora sembra infastidita da questo cambiamento, dall’autonomia che Deborah ha ritrovato e non la incoraggia né la supporta…capita sempre che ci sia qualcuno che “rema contro” il cambiamento, sempre! Ne parliamo nel prossimo post!


mercoledì 5 marzo 2014

Paura di guidare? Amaxofobia: quando l’ansia viene in macchina. (1)



La paura di guidare (o amaxofobia) è molto più diffusa di quel che si pensi. Lo so perché ho conosciuto diverse donne che ne soffrono. Quasi sempre donne, è vero. Ragazze e signore che rinunciano a guidare la macchina perché l’idea di farlo provoca loro una terribile ansia.

 
ansia, attacchi di panico
Paura di guidare!


Spesso chi ha paura di mettersi al volante teme:

- di sentirsi male in macchina

- di avere un incidente

- di provocare un incidente e far male a qualcuno.

Alcuni hanno più paura quando sono in macchina da soli, oppure quando devono guidare in autostrada o se devono affrontare ponti e gallerie. Altri vengono presi dal panico se si formano delle “code” nel traffico, perché si sentono chiusi in trappola.

A volte i pensieri fobici prendono la forma di vere e proprie immagini spaventose che la mente ripropone, terrorizzando il guidatore, ogni volta che deve salire in macchina. E l’ansia diventa una sofferenza fisica: il cuore batte all’impazzata,  lo stomaco si accartoccia, l’adrenalina provoca un irrigidimento dei muscoli. E poi il respiro accelera e l’iperventilazione provoca una sensazione di stordimento, la testa gira e si teme di perdere il controllo. A questo punto si pensa di poter svenire da un momento all’altro.

Vi riconoscete?


 
ansia, attacchi di panico
Donne al volante?

Sicuramente si riconosce in questa descrizione Deborah, una simpatica ragazza che ho conosciuto qualche mese fa. Ha smesso di guidare in seguito ad un malore mentre era in macchina da sola e da quel momento farlo è diventato sempre più difficile. Peccato che abbia due bambini e che vorrebbe tanto portarli a karate o a fare merenda in un parco senza dover disturbare qualcun altro che faccia da autista. Oppure, ancora più importante, vorrebbe riuscire a portarli al pronto soccorso in tempi brevi, qualora si facciano male. I genitori di Deborah sono molto disponibili e la accompagnano al lavoro, all’asilo a prendere i bambini, a fare la spesa, ecc. Insomma, si occupano di lei come se fosse una ragazzina.

Infatti, questo è ciò che accade a chi non guida: cerca di trovare delle strategie, delle soluzioni per non dover usare la macchina (usare i mezzi pubblici, trovare negozi e servizi vicino casa), ma spesso è costretta a chiedere passaggi a familiari e amici disponibili. Rinunciando alla propria autonomia ed indipendenza. E, a volte, vergognandosi molto del proprio problema.



La richiesta di tutte queste persone quando si rivolgono ad uno psicologo è: “fammi passare l’ansia, così posso cominciare/ricominciare a guidare”. Peccato che questa richiesta, così come è formulata, non possa essere soddisfatta. Ma si può ricominciare a guidare. Come? Ne parliamo nel prossimo post.