Essere gentili con se stessi non è
semplice come sembra. Ne è dimostrazione il fatto che la nostra mente ci
giudica e ci critica continuamente nel corso della giornata e noi le crediamo
ciecamente. Spesso crediamo più alla nostra mente che ai fatti. Ma prendersi
cura di se stessi è il primo passo verso una vita piena e positiva.
Sono sempre stata piuttosto
esigente, con gli altri, ma soprattutto con me stessa. Severa, se per esempio a
scuola non ottenevo i voti che mi aspettavo, ci stavo male. Volevo essere
all’altezza delle aspettative, che ad ogni voto positivo diventavano più alte e
non ammettevano cadute. Se ritenevo di non essermi impegnata abbastanza, mi
trattavo malissimo, dicendomi che ero stata una “cretina”, “pigra”, “mediocre”.
Questa storia tornava alla mia alla mia mente ogni volta che le cose non
andavano come avrei voluto.
Abbiamo tutti una “storia” che ci raccontiamo
quando non siamo soddisfatti di noi stessi, una critica che ci fa soffrire più
delle altre. Magari è il lavoro che non va, o l’amore, o le amicizie. E allora
siamo pronti a dirci che è colpa nostra, che non siamo abbastanza bravi, belli,
intelligenti, interessanti, preparati…
Mettersi a discutere col proprio
cervello serve a poco, farsi l’elenco delle nostre qualità o delle cose andate
bene non ci farà cambiare idea. “Pensa positivo!” non funziona.
Tieni il tuo dolore con gentilezza. |
Un esercizio di gentilezza verso se
stessi
“Quando la tua mente ti vomita
addosso menate sul fatto che non combini abbastanza, o che non guadagni
abbastanza, o che non fai abbastanza sport; o ti accusa di essere grasso,
pigro, stupido, egoista, idiota, lunatico, ansioso, prepotente o insicuro,
allora la prima cosa da fare è semplicemente fermarsi.
Fermati e respira: inspira
lentamente a fondo e con delicatezza.
Fermati e respira e nota. Nota cosa
sta facendo la tua mente.
E mentre noti la tua mente in
azione, sii curioso. Nota: come ti sta raccontando questa storia? Sta usando
parole, immagini o una combinazione di entrambe? Senti una voce dentro la tua
testa? Dov’è esattamente: nella parte posteriore della tua testa o in qualche
punto nel mezzo o in cima? E che tipo di voce è? È la tua o quella di qualcun
altro? È forte o pacata, lenta o veloce? Che emozione c’è in quella voce?
Poi fermati, respira, nota e dai un
nome.
Dai alla storia un nome che ti
aiuti a separarti da essa, a fare un passo indietro e vederla per quello che è:
una sequenza di parole e immagini. Ad esempio, potresti dire: <<Ah-ah!
Rieccola. La vecchia storia del “non sono abbastanza intelligente”. Questa la
conosco!>>”
(Russ Harris, “Se il mondo ti
crolla addosso”)
Stare così a contatto con la
“nostra vecchia storia” può far emergere diverse emozioni negative. In questo
caso, proviamo a notare quali emozioni vengono a galla: ansia, tristezza, senso
di colpa, rabbia, imbarazzo?
Dai un nome a queste emozioni e
nota cosa succede nel tuo corpo. Dove sono queste emozioni?
Respira lentamente, respira dentro
e attorno al tuo dolore. Nn combattere contro le tue emozioni, lascia che
stiano lì dove sono.
Ora metti una mano sulla parte del
corpo sulla parte del corpo in cui senti più dolore. Immagina che sia la mano
di una persona gentile ed amorevole. Se non riesci ad individuare un punto
preciso, poggia semplicemente la tua mano sul petto.
Senti il calore che fluisce dal
palmo della tua mano al tuo corpo, non per far scomparire la sensazione
dolorosa, ma per farle spazio. Reggi questa sensazione delicatamente tra le
mani, come se fosse un fiore, un bambino che piange o un cucciolo spaventato.
Ora usa entrambe le mani, mettine
una sul tuo petto e una sul tuo stomaco e lasciale posate lì delicatamente. Abbracciati
gentilmente, ti stai prendendo cura di te stesso e ti stai dando conforto e
supporto.
Puoi dire qualcosa di premuroso a
te stesso, come “questo fa veramente male” o “è difficile”, oppure “ho fatto un
errore e me ne vergogno”.
Il dolore ci rende umani e vivi. |
Il dolore è una normale esperienza
umana. Spesso quando siamo infelici pensiamo che tutti gli altri siano più
felici di noi. La nostra mente ci dice che siamo gli unici ad essere così
sfortunati ed a soffrire così. In realtà il dolore ci porta più vicini agli
altri esseri umani.
“Quando la vita ci prende a calci o ci scarica una montagna di letame sulla porta di casa, ricorda: prima di tutto viene la compassione per se stessi. Una volta che c’è questa, spesso è utile valutare strategie e risolvere problemi, riflettere su parole sagge e impegnarsi nell’intraprendere azioni guidate dai nostri valori. Ma i risultati migliori si hanno generalmente quando prima di tutto viene la compassione.”(Russ Harris, “Se il mondo ti crolla addosso”)