mercoledì 30 aprile 2014

Essere gentili con se stessi



Essere gentili con se stessi non è semplice come sembra. Ne è dimostrazione il fatto che la nostra mente ci giudica e ci critica continuamente nel corso della giornata e noi le crediamo ciecamente. Spesso crediamo più alla nostra mente che ai fatti. Ma prendersi cura di se stessi è il primo passo verso una vita piena e positiva.

Sono sempre stata piuttosto esigente, con gli altri, ma soprattutto con me stessa. Severa, se per esempio a scuola non ottenevo i voti che mi aspettavo, ci stavo male. Volevo essere all’altezza delle aspettative, che ad ogni voto positivo diventavano più alte e non ammettevano cadute. Se ritenevo di non essermi impegnata abbastanza, mi trattavo malissimo, dicendomi che ero stata una “cretina”, “pigra”, “mediocre”. Questa storia tornava alla mia alla mia mente ogni volta che le cose non andavano come avrei voluto.
Abbiamo tutti una “storia” che ci raccontiamo quando non siamo soddisfatti di noi stessi, una critica che ci fa soffrire più delle altre. Magari è il lavoro che non va, o l’amore, o le amicizie. E allora siamo pronti a dirci che è colpa nostra, che non siamo abbastanza bravi, belli, intelligenti, interessanti, preparati…
Mettersi a discutere col proprio cervello serve a poco, farsi l’elenco delle nostre qualità o delle cose andate bene non ci farà cambiare idea. “Pensa positivo!” non funziona.

ansia, depressione, dolore, psicoterapia
Tieni il tuo dolore con gentilezza.


Un esercizio di gentilezza verso se stessi
“Quando la tua mente ti vomita addosso menate sul fatto che non combini abbastanza, o che non guadagni abbastanza, o che non fai abbastanza sport; o ti accusa di essere grasso, pigro, stupido, egoista, idiota, lunatico, ansioso, prepotente o insicuro, allora la prima cosa da fare è semplicemente fermarsi.
Fermati e respira: inspira lentamente a fondo e con delicatezza.
Fermati e respira e nota. Nota cosa sta facendo la tua mente.
E mentre noti la tua mente in azione, sii curioso. Nota: come ti sta raccontando questa storia? Sta usando parole, immagini o una combinazione di entrambe? Senti una voce dentro la tua testa? Dov’è esattamente: nella parte posteriore della tua testa o in qualche punto nel mezzo o in cima? E che tipo di voce è? È la tua o quella di qualcun altro? È forte o pacata, lenta o veloce? Che emozione c’è in quella voce?
Poi fermati, respira, nota e dai un nome.
Dai alla storia un nome che ti aiuti a separarti da essa, a fare un passo indietro e vederla per quello che è: una sequenza di parole e immagini. Ad esempio, potresti dire: <<Ah-ah! Rieccola. La vecchia storia del “non sono abbastanza intelligente”. Questa la conosco!>>”
(Russ Harris, “Se il mondo ti crolla addosso”)

Stare così a contatto con la “nostra vecchia storia” può far emergere diverse emozioni negative. In questo caso, proviamo a notare quali emozioni vengono a galla: ansia, tristezza, senso di colpa, rabbia, imbarazzo?
Dai un nome a queste emozioni e nota cosa succede nel tuo corpo. Dove sono queste emozioni?
Respira lentamente, respira dentro e attorno al tuo dolore. Nn combattere contro le tue emozioni, lascia che stiano lì dove sono.
Ora metti una mano sulla parte del corpo sulla parte del corpo in cui senti più dolore. Immagina che sia la mano di una persona gentile ed amorevole. Se non riesci ad individuare un punto preciso, poggia semplicemente la tua mano sul petto.
Senti il calore che fluisce dal palmo della tua mano al tuo corpo, non per far scomparire la sensazione dolorosa, ma per farle spazio. Reggi questa sensazione delicatamente tra le mani, come se fosse un fiore, un bambino che piange o un cucciolo spaventato.
Ora usa entrambe le mani, mettine una sul tuo petto e una sul tuo stomaco e lasciale posate lì delicatamente. Abbracciati gentilmente, ti stai prendendo cura di te stesso e ti stai dando conforto e supporto.
Puoi dire qualcosa di premuroso a te stesso, come “questo fa veramente male” o “è difficile”, oppure “ho fatto un errore e me ne vergogno”.

ansia, depressione, psicologia, psicoterapia
Il dolore ci rende umani e vivi.


Il dolore è una normale esperienza umana. Spesso quando siamo infelici pensiamo che tutti gli altri siano più felici di noi. La nostra mente ci dice che siamo gli unici ad essere così sfortunati ed a soffrire così. In realtà il dolore ci porta più vicini agli altri esseri umani.


“Quando la vita ci prende a calci  o ci scarica una montagna di letame sulla porta di casa, ricorda: prima di tutto viene la compassione per se stessi. Una volta che c’è questa, spesso è utile valutare strategie e risolvere problemi, riflettere su parole sagge e impegnarsi nell’intraprendere azioni guidate dai nostri valori. Ma i risultati migliori si hanno generalmente quando prima di tutto viene la compassione.”
(Russ Harris, “Se il mondo ti crolla addosso”)

giovedì 10 aprile 2014

La mamma perfetta (2)



Tutte le mamme cercano ogni giorno di fare il meglio per i propri figli e quando non riescono si sentono mamme imperfette. Senso di colpa, rabbia, frustrazione ci fanno star male, ma possiamo imparare ad accettare queste emozioni negative e continuare a comportarci nel modo che riteniamo più giusto.


ansia, rabbia, depressione, psicologia
La mamma perfetta esiste? E serve davvero ai nostri figli?



Negli ultimi giorni ho accolto molti sfoghi di mamme che avevano voglia di raccontarmi la loro esperienza, sia in studio che fuori. Ve ne racconto tre, che penso siano comuni a molte donne.

Mamma 1: O. si scontra con il primo “5” del figlio: stupita e delusa, lo sgrida, minaccia di mandarlo in collegio se non si impegnerà di più e lo spedisce in camera sua. Sbollita la rabbia, si accorge di aver avuto una reazione eccessiva e non riesce a togliersi dalla mente lo sguardo del figlio. Si sente in colpa e…indovinate? Comincia a criticarsi, dicendosi che ha sbagliato, probabilmente ha fatto soffrire il figlio senza motivo, è una pessima madre.

Mamma 2: B. è mamma di due bambini  e donna in carriera. Ha tantissimi impegni, orari stressanti e, semplicemente, non ce la fa a fare tutto. Spesso stanca, ha l’impressione di perdersi momenti importanti con i figli. Un giorno si accorge di non aver iscritto il figlio alla gita a cui teneva molto, il piccolo ci resta molto male…e lei crolla. Si sente in colpa e comincia a mettere in discussione le scelte fatte fino a quel momento.

Mamma 3: A. è mamma di un’adolescente, con cui litiga spesso, perché non vuole studiare, rischiando di essere bocciata e perché frequenta un ragazzo che a lei non piace, poiché non va a scuola e, da quanto le hanno riferito, fa uso di droghe leggere. Gli scontri tra le due sono sempre più frequenti ed A. si chiede dove abbia sbagliato, come possa farsi ascoltare dalla figlia e farle capire che le dà consigli solo per il suo bene.

Vi suonano familiari queste situazioni?



Nel post della settimana scorsa (la mamma perfetta 1) ci chiedevamo come si potesse sopravvivere alla moltitudine di pensieri e sentimenti spiacevoli con cui abbiamo quotidianamente a che fare e come potessimo diventare, se non perfette, mamme migliori.

Innanzitutto vorrei sottolineare che non solo la mamma perfetta non esiste, ma non serve nemmeno a nessuno, tanto meno ai nostri figli. Siamo tutti sopravvissuti alle nostre mamme imperfette.

È più utile capire e scegliere che tipo di mamme vogliamo essere, quali valori vogliamo trasmettere ai nostri figli, a cosa vogliamo dare importanza. E poi tradurre questi valori in comportamenti reali e realistici.

Per esempio, se per me la mamma perfetta è affettuosa e comprensiva, posso impegnarmi nel mettere in atto comportamenti affettuosi, come abbracci e carezze, ma è inutile proporsi di non arrabbiarsi mai. Difficilmente riusciremmo a portare avanti questo proposito, con conseguente frustrazione  e senso di colpa.

Che mamme volete essere? Quali sono le vostre caratteristiche, i vostri punti di forza? Quale immagine di mamma vi fa sentire più a vostro agio? Non solo non esiste la mamma perfetta, ma non esiste nemmeno una sola idea di mamma.



E quando si presenteranno i pensieri negativi? Quando vi direte che siete un fallimento, una pessima madre? Se vi concentrate su questo tipo di pensieri, probabilmente perderete il contatto con la realtà e, quindi, con la possibilità di agire in modo utile. La mamma perfetta sbaglia e poi cerca di rimediare. La “vostra” personale mamma perfetta, quella che avete in mente voi, cosa farebbe per rimediare allo sbaglio o per colmare le proprie mancanze?

È impossibile eliminare pensieri e sentimenti spiacevoli dalla nostra vita, tanto più quando si tratta di situazioni che ci coinvolgono emotivamente. Dobbiamo quindi imparare a farci pace, considerarli parte del percorso verso ciò che riteniamo importante. Quando la nostra mente ce li presenta, accogliamoli come “vecchi amici”, ma concentriamoci su cosa possiamo fare per essere orgogliosi di noi stessi.


psicologia, ansia, depressione
Senso di colpa, rabbia, frustrazione sono sentimenti normali che non dobbiamo cercare di eliminare.



Ora, provate ad immaginare vostro figlio o vostra figlia, o vostro marito, o la vostra migliore amica, in lacrime, che vi racconta di aver commesso uno sbaglio e di sentirsi fortemente in colpa. Cosa pensate di lui? Cosa avete voglia di fare? Rimproverarlo o consolarlo? Potete pensare di essere gentili con voi stesse (http://ondamatta.blogspot.it/2014/04/essere-gentili-con-se-stessi.html) come lo sareste con la persona a cui volete più bene al mondo?



Non sono una mamma perfetta e questo mi fa soffrire. 
Posso abbracciarmi e mostrare a me stessa affetto e comprensione. 
Posso perdonarmi gli sbagli che ho fatto e che farò. 
Posso cercare di migliorare.

martedì 1 aprile 2014

La mamma perfetta (1)



La mamma perfetta esiste? E cosa deve fare per essere perfetta? I bambini saranno gravemente ed irrimediabilmente traumatizzati se non avranno una madre così?
Vorrei sfatare uno dei grandi miti della nostra epoca: l’esistenza della mamma perfetta. Nessuno l’ha mai vista. Si parla di avvistamenti nelle foreste dell’Amazzonia e tra i ghiacci dell’Antartide, ma non esistono prove certe. Ciò che è sicuro è che esistono “le mamme”, tante mamme diverse, con impegni, valori e situazioni diverse, ma in genere accomunate da pensieri e sentimenti molto simili.

Con delle colleghe già qualche anno fa si rifletteva sui messaggi passati dai media alle giovani mamme: guardate uno spot delle più famose marche di passeggini o pannolini. Mamme giovani, belle, curate e ben vestite portano a passeggio un bimbo, adorabile e ben vestito anche lui, in una splendida giornata di sole. Il bambino non piange, gioca amabilmente con un sonaglietto. Presumibilmente ha dormito tutta la notte, non è sporco di pappa e non prende mai il raffreddore.  La mamma indossa i TACCHI. Anche lei ha dormito tutta la notte e non ha passato la mattinata a pulire cacca e vomito. Non stupisce che poi una mamma “normale” si senta inadeguata.
Altro spot: è mattina, c’è di nuovo il sole, mamma, papà e almeno tre figli fanno colazione TUTTI INSIEME, con calma, davanti ad una tavola imbandita che nemmeno in albergo. Sorridono, sono FELICI e litigano solo per decidere quanti pezzi di cioccolato ci siano dentro la brioche.

ansia, depressione, depressione post-parto
La mamma perfetta esiste? Ci si nasce o si diventa?


A questo punto ho voglia di urlare. Io sono una mamma e amo i miei figli. Oltretutto sono anche psicoterapeuta, perché non somiglio a quelle mamme perfette?? Quando è nato il mio primo figlio la mia vita ha subito dei cambiamenti che non immaginavo. Certo, lo amavo spaventosamente, ma chi poteva immaginare che fare la doccia sarebbe diventato un lusso, dormire tre ore di seguito un traguardo da festeggiare e tutte le mie esigenze di donna-moglie-lavoratrice sarebbero passate in secondo piano di fronte alla necessità di prendermi cura di lui? Per non parlare dei 10 kg da perdere immediatamente... Ho seriamente rischiato di scivolare in una depressione post-parto, ma di questo tema così delicato vorrei parlare più approfonditamente in un altro post.
Oggi i miei figli hanno quasi 3 e 6 anni e le cose sono molto cambiate in casa, ma comunque ci vogliono 15 minuti a convincere il grande a lavarsi i denti la mattina, la casa è un disastro e spesso urlo, sgrido, minaccio. E qualche volta esagero, magari perché sono stanca-stressata-nervosa, guardo negli occhi la vittima del mio sfogo verbale e mi pento. Mi sento malissimo, mi sento una madre terribile. Allora gli chiedo scusa,  gli spiego perché ho esagerato e lo abbraccio. I miei figli sono molto comprensivi e facciamo subito la pace. A questo punto il grande capisce di essere in vantaggio e cerca di approfittarne avanzando qualche richiesta che sa essere un po’ azzardata, tipo “posso giocare con la Nintendo quando arriviamo a casa?” oppure “posso avere due cioccolatini dopo cena?”.

Mamme-donne-lavoratrici: come si fa a fare tutto nel modo migliore?


Certi giorni non li sopporto. Vorrei solo scappare lontano, prendermi una pausa. Certi giorni stare dietro a tutto, casa, famiglia, bambini, lavoro, commissioni è semplicemente troppo.
Insomma sono molto lontana dall’essere una mamma perfetta. Ma sono in buona compagnia, a giudicare dalle tantissime storie che sento dentro e fuori dallo studio. Mamme che cercano di fare tutto al meglio. Mamme che fanno troppo e si sentono in colpa per non aver fatto di più. Mamme che si sentono in colpa per non avere tempo per i figli quando sono al lavoro e in colpa per non essersi dedicate di più al lavoro quando sono con i figli.
Tutte le mamme si sono trovate in difficoltà più di una volta, sono state indecise sul comportamento da adottare, sulle decisioni da prendere. E dopo sono state tormentate da dubbi sulle decisioni prese. Mamme che cercano di dare il meglio ai propri bambini (di ogni età… si sa che i figli sono sempre “bambini” per i genitori). E si chiederanno almeno 10 volte al giorno cosa sia questo “meglio”. E se loro riusciranno a darglielo.

Come sopravvivere a questa moltitudine di pensieri e sentimenti non sempre positivi? Come possiamo diventare più simili alla mamma perfetta che abbiamo in mente?
C’è troppo da dire su questo argomento, continuerò tra qualche giorno nel prossimo post!